Scenario pagamenti

I ritardi di pagamento si possono annoverare sia fra gli effetti che fra le cause di una fase congiunturale incerta che sta alterando le economie nazionali e internazionali. 

I comparti più penalizzati sono i tessuti produttivi locali spossati dalla contrazione dei volumi e da un credit crunch perpetrato da un sistema creditizio che subisce anch’esso i contraccolpi delle insolvenze che riguardano anche il settore immobiliare e del credito al consumo. Recenti norme comunitarie, tese a garantire la stabilità delle Banche più esposte, hanno aggravato lo scenario imponendo una stretta ai finanziamenti alle imprese (v. Basile 3), nel rispetto di un coefficiente sempre più stringente fra patrimonio netto e prestiti concessi, che si è ripercossa sulle imprese innanzitutto minori (PMI).

È un salto di qualità della crisi, potremmo dire, perché le Banche apparivano solide, nonostante tutto, capaci cioè di sostenere un trend di sviluppo economico che da entusiastico è divenuto flebile, con l’apertura dei mercati, e che adesso deve anche fare i conti con una liquidità che non viene immessa nel mondo produttivo, complici i bassi tassi d’interesse e una bassa marginalità legata alle attività di erogazione.

Il nostro attuale è un quadro fosco, dunque, evidenziato sia dai recenti focus sulla situazione dei pagamenti, italiani e UE, che dalla mole di NPL che appesantiscono i bilanci di banche e imprese.

Una cultura di Credit Management non sempre all’altezza della situazione non aiuta a fronteggiare il fenomeno dei mancati pagamenti e pare impreparata ad affrontare una situazione di inedita difficoltà. Non emerge, ad esempio, la capacità di comprendere che nei mercati globali il rapporto di causa-effetto fra gli atteggiamenti adottati e i conseguenti effetti collaterali, finisce per penalizzare tanto i debitori quanto i creditori.  

Azioni incuranti delle difficoltà delle imprese in crisi finiscono per ripercuotersi perfino sulle realtà sane. Ed è la globalizzazione che lega tutto e tutti a doppio filo ad imporre un’attenzione inedita che non può più solo riguardare la propria salute ma, strano a dirsi, anche quella degli altri.

I volumi di NPL e UTP parlano chiaro e le molte sofferenze che minano la stabilità delle imprese, delle banche e delle economie nazionali e comunitarie ne sono la prova. L’entusiasmo che accompagna le cessioni di NPL pare dunque eccessivo e perfino immotivato sia perché il pricing di molte operazioni è quasi sempre irrisorio e sia perché, a ben vedere, il problema dei mancati pagamenti è stato semplicemente spostato, non certo risolto. Le s-vendite dei crediti tossici generano ottimismo ma la bolla speculativa generata dalle molte cartolarizzazioni che hanno seguito lo smaltimento dei crediti deteriorati, sebbene sorretta da garanzie statali (GAGS), potrebbe anche scoppiare, se dopo i molti “cambi di mano” i crediti non saranno recuperati.