Azioni e comportamenti corretti, da parte dei grandi operatori, aiuterebbero la soppravvivenza dei tessuti produttivi locali.
L’obiettivo è di porre in evidenza la necessità di introdurre una nuova cultura aziendale improntata su condotte corrette e inclusive a tutela dei tessuti produttivi locali che, mai come ora, garantiscono una “biodiversità economica” imprescindibile per il mantenimento di condizioni di sviluppo e benessere, oltre che dei giusti livelli occupazionali in ambiti locali.
E poi di nuovi modi per perseguirla ed evidenziarla, consentendo a tutti i soggetti interessati più consapevolezza sulle virtù, o sui difetti, dei grandi operatori e se gli stessi si stiano muovendo nella direzione auspicata, ovvero adottando logiche gestionali afferenti a una sostenibilità di tipo sia ambientale e sia economico; quest’ultimo potrebbe presto assumere una rilevanza altrettanto importante, rispetto a quella ambientale. La tenuta dei tessuti produttivi,
Una particolare attenzione, nella gestione della politica attuata o a completamento della stessa, che, giusto a titolo di esempio, potrebbe essere denominata CER (Corporate Economic Responsibility). Un impegno a garantire che l’impatto della loro attività economica non vada a ripercuotersi, con effetti negativi, sul contesto economico in cui operano.
Ciò è riscontrabile, in tema di Credit Management, sulle politiche adottate con i clienti morosi, innanzitutto. E, cioè, di come l’operatore scelga di muoversi in tutte le fasi di gestione sia delle controversie e sia delle problematiche di pagamento della clientela di tipo innanzitutto industriale.
I limiti e le criticità peculiari di una ricerca ossessiva dell’innalzamento progressivo dei soli “numeri” di bilancio, tanto nelle aziende quanto in ambiti sociali, sono palesati dalla conseguente perdita di attenzione verso fattori anche più importanti, come la capacità di garantire continuità; la prima vera mission e il primo vero indicatore di una corretta strategia.
Tant’è che i bilanci, come sono strutturati oggi, faticano a rispecchiare il reale stato di salute di un’impresa. Mancano cioè di evidenziare la sua vera capacità di generare valore tangibile, nel tempo. Tolta l’evidenza delle sole variazioni economiche e monetarie attuali, perfettamente enunciate, non raccontano neppure se la gestione caratteristica venga attuata con capacità e rispetto, nei confronti del contesto interno ed esterno e dello scenario, anche economico, di riferimento.
I Rapporti di Sostenibilità, forse più ancora, redatti al fine di porre in evidenza sensibilità e attenzione verso temi innanzitutto ambientali, da parte dell’azienda che li redige, non sono quasi mai strutturati al fine di mostrare al pubblico cosa stia facendo – concretamente – per la tutela di una sostenibilità, sia economica e sia ambientale. Così, come non mostrano se esista una politica gestionale atta a promuovere l’etica, dentro e fuori l’azienda stessa. Ovvero, non indicano se vi sia coerenza fra quanto riportato in questi eleganti documenti, che hanno senz’altro il merito di aver indotto un crescente impegno nella causa della sostenibilità, e le politiche adottate, realmente rispettose. Non vanno cioè ad esprimere se nella gestione ordinaria dell’impresa sia posta la doverosa attenzione verso l’adozione di atteggiamenti realmente inclusivi. Se le strategie di gestione ordinaria e straordinaria siano effettivamente rispettose oppure seguitino ad anteporre i risultati economici, ovviamente interni, al rispetto e alla tutela dei contesti esterni e della tenuta del tessuto produttivo circostante.
Questi documenti sono rendicontazioni sommarie che non sempre riportano, o non lo fanno in modo sufficientemente circostanziato, cosa faccia l’azienda per la tutela ambientale e per il rispetto dei sistemi economici in cui opera.
Sontuosi documenti, intrisi di confortanti notizie che propinano un virtuosismo che può apparire illusorio. Non riescono cioè a celare inequivocabili tratti di un Marketing di facciata, molto in voga nell’era della sostenibilità, che complica l’analisi realistica della politica aziendale. Rimane allora arduo il compito di chi voglia comprendere come un’azienda si ponga nei confronti dell’Ambiente e del suo mercato di riferimento. Come si comporti con i partner, i clienti, i fornitori e perfino con il personale e i collaboratori esterni. Se agisca con rispetto o seguiti a perseguire logiche di sviluppo irrispettose e irresponsabili. Se nella gestione caratteristica e nello svolgimento della sua attività core, in buona sostanza, sia concretamente impegnata a perseguire i suoi peculiari obiettivi di crescita, in linea con un pieno e giusto rispetto del “mondo circostante”.